Nel 1964 un fisico irlandese, John Stewart Bell, fece una scoperta destinata a cambiare per sempre il modo in cui gli esseri umani avrebbero interpretato e compreso la realtà che li circondava. La sua teoria si basava su un primo esperimento condotto da Einstein, Podolsky e Rosen nel 1935, che consisteva nel separare due particelle gemelle, ossia nate dallo stesso evento, e - modificando il comportamento di una delle due - osservare cosa succedeva all’altra. Quello che si presentò agli occhi degli scienziati fu talmente sconvolgente da creare un profondo turbamento allo stesso Einstein, il quale sino alla fine della sua via non seppe mai capacitarsi di una tale rivelazione. Il fenomeno imponeva limiti alla Teoria della Relatività, poiché tra gli enunciati si afferma che nessun corpo o segnale può viaggiare ad una velocità superiore a quella della luce. Il collegamento che si verifica in maniera istantanea viola di fatto l’ipotesi di una comunicazione tra particelle alla velocità della luce.
Cosa era accaduto? Una volta separate e allontanate le due particelle "gemelle", invertendo il senso di rotazione di una delle due, istantaneamente anche l'altra invertiva il suo, in senso opposto. Tutto questo accadeva indipendentemente dalla distanza che le separava! Agli occhi increduli degli scienziati, ciò che si realizzava era un collegamento istantaneo che violava la legge della località. Si trattava di un fenomeno inspiegabile secondo i parametri sui quali gli scienziati dell'epoca fondavano i loro esperimenti e che contraddiceva ogni logica. Il motivo per il quale questa scoperta è così importante sta nel fatto che, secondo il modello scientifico ortodosso, non c'è alcuna possibilità che due particelle, siano esse fotoni, elettroni o atomi, riescano a comunicare fra loro. In effetti, per spiegare questo fenomeno i fisici presuppongono l'esistenza di un vettore, cioè una specie di messaggero che, partendo da una particella, deve raggiungere l'altra e informarla di invertire il senso della rotazione. Nell’esperimento, invece, l'informazione arrivava istantaneamente da una particella all’altra.
Questo legame quantistico invisibile tra le particelle è stato definito Entanglement (letteralmente: groviglio, intreccio) e venne ipotizzato per la prima volta nel 1926 da Erwin Schrödinger, che fu anche il primo a introdurre questo termine nel 1935, in una recensione del famoso articolo sul paradosso EPR (Einstein-Podolsky-Rosen). Il comportamento delle particelle entangled è stato definitivamente confermato negli anni Ottanta dal fisico francese Alain Aspect.
Appare congruente che l’entanglement non riguardi solo atomi o particelle sub-atomiche, ma implichi qualunque struttura della materia, comprese le creature viventi. Se, infatti, qualunque cosa esista nell'universa può produrre un'azione istantanea a distanza avvalendosi unicamente di se stessa e del proprio comportameno, è chiaro che anche noi uomini e donne produciamo e subiamo gli effetti dell'entanglement. Ciò significa che ognuno di noi è entangled con ogni cosa con cui viene a contatto e con cui condivide un'esperienza. Ovviamente il livello di entanglement sarà molto più forte con gli esseri umani con i quali abbiamo relazioni affettive. Quanto più la relazione sarà stretta tanto maggiore sarà l’entanglement. Tra una madre e un figlio, il livello di entanglement sarà fortissimo: basti pensare a quando una madre lontana migliaia di chilometri da un figlio improvvisamente “sente” che al figlio sta succedendo qualcosa. Una mia amica, che aveva avuto un figlio e lo aveva svezzato dall’allattamento al seno, fu costretta una volta ad allontanarsi per tre giorni, lasciandolo alle cure della nonna e ai biberon. Una mattina, ebbe una forte montata di latte. Inquieta, telefonò a sua madre e seppe che il bambino aveva avuto un febbrone durante la notte!
L'entanglement si rivela nei sogni con i nostri cari defunti. Perché vi sia una connessione capace di andare oltre il tempo e lo spazio è infatti sufficiente che due o più persone abbiano avuto una profonda relazione tra di loro, si essa di ordine fisico, mentale, emozionale o spirituale. Il fenomeno viene riscontrato anche da coloro che posseggono un cane. Avete mai notato che l’animale riesce a percepire l’arrivo del padrone con un anticipo di svariati minuti, anticipo che smentisce il sospetto che possa riconoscere il padrone tramite l’udito o l’olfatto?
L’entanglement, come tutti gli altri fenomeni non-locali, potrebbe delineare una nuova fisica dei fenomeni psichici e fornirebbe una spiegazione attendibile sul collegamento con le persone defunte. Anche se la nostra vita è costellata da separazioni, lutti, divorzi, continua una connessione ad un livello sottile. Non è possibile cancellare per sempre dalla nostra vita i legami affettivi, che siano stati vissuti nell’amore o nel dolore. L’intreccio permane su un altro piano sensibile e, da quanto ci rivelano gli spiriti o gli esploratori dell’aldilà, tutte le persone significative della nostra vita sulla Terra formano gruppi di Anime, talvolta molto estesi, ai quali ci ricongiungeremo alla fine della nostra esistenza terrena. Sulla Terra, come nell’aldilà, la nostra evoluzione prosegue in un gruppo di Anime. Un libro affascinante al riguardo, Ricordi dell’aldilà, scritto dallo psicologo e ipnoterapeuta Michael Newton, racconta come grazie alla regressione ipnotica, sia possibile viaggiare nell'aldilà, e precisamente nel tempo che intercorre fra una reincarnazine e l'altra. I 29 casi clinici citati nel suo libro rivelano con chiari dettagli ciò che ci accade quando termina la vita fisica, e a quale tipologia di gruppi di Anime ci ricongiungeremo. Sempre secondo il Dr Newton, i membri dello stesso gruppo sono strettamente uniti per tutta l’eternità e spesso scelgono di essere fratelli, coniugi, collaboratori e stretti amici nelle successive incarnazioni. Da queste testimonianze commoventi e straordinarie, scopriamo di essere parte di una immensa famiglia spirituale nell’aldilà e pensare di essere soli, tanto nella vita quanto nella morte e nel passaggio, è una mera illusione! Non è forse quello che esprimono i Sioux Lakota, con la profonda saggezza che li caratterizza, quando si salutano dicendo Mitakuye Oyasin: «Apparteniamo alla stessa famiglia»?