“Io considero il mondo per quello che è:
un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte.”
(William Shakespeare)
Raramente siamo noi stessi. Siamo il frutto delle proiezioni e delle aspettative degli altri, a cominciare dai nostri genitori, insegnanti, familiari, per passare poi a quelle della società in cui viviamo. In realtà siamo il una costruzione della mente degli altri e della nostra! So che questa notizia non è molto gradevole, ma bisogna prenderne atto per operare un cambiamento. Spesso sarà una crisi di identità e di valori ad avviarlo, una malattia, una perdita o qualche altro evento doloroso a metterci a nudo, portandoci in un percorso alla ricerca del famoso “chi sono?” e dove, finalmente, si metteranno in discussione le idee che ci siamo fatte sulla nostra relazione con la persona amata, i figli, il lavoro, le finanze, la salute, la morte, Dio, la Scienza, l’Arte, per citare quelle che più incidono sulla nostra vita. Le convinzioni che ci facciamo su noi stessi giocano un ruolo decisivo sul nostro successo o fallimento, sanciscono quando dobbiamo godere e quando soffrire nella “giusta misura”. Anzi, esse possono determinare il prezzo da pagare per ogni cosa bella che capita, in quanto ci crediamo immeritevoli di tanta bellezza e amore.
Una volta dissolte le convinzioni e credenze con cui abbiamo creato e sostentato la finzione nella quale viviamo, ci accorgiamo che c’è dell’altro. Troviamo qualcosa di infinitamente luminoso, pulito e vitale, animato dal palpito dell’Amore. Una volta entrati nello spazio sacro della nostra Vera Natura, dobbiamo impegnarci a nutrirla e a custodirla perché dovremmo contemporaneamente affrontare una congiura che farà di tutto per distaccarcene e portarci all’oblio di ciò che veramente siamo.
La congiura di un sistema che ci ricorda in continuazione la sofferenza, che ci ribadisce la nostra impotenza e piccolezza in tutte le declinazioni possibili, che ci omologa in stereotipi, modelli e protocolli.
Dal momento che sceglieremo di fare un percorso di autoconsapevolezza, ci confronteremo molto presto con un conflitto: quello tra la nostra Vera Natura, che comincia ad affiorare, e i vari personaggi che abbiamo accettato di “recitare sul palcoscenico del mondo”. Madre, padre, moglie, marito, figlio, figlia, fratello, sorella, amico, straniero, professionista, artista, ricercatore, terapeuta, soldato, leader, carnefice, vittima e tutte le altre infinite combinazioni di ruoli con i quali ci identifichiamo. Il ruolo assunto, tuttavia, limita l’espressione di un potenziale molto più ampio che è quello della nostra Essenza, della nostra origine.
Un potenziale che fluisce con la Vita, che contempla tutti i ruoli per quelli che sono senza lasciarsene fuorviare, perché possiamo finalmente percepire con chiarezza la nostra appartenenza alla Luce e lasciare che sia l’Amore a guidare i nostri passi al buio. Sarà allora giunto il momento in cui non dovremo più commemorare le nefandezze e ingiustizie, richiamate dai “ruoli” e da personaggi estranei alla nostra umanità. Ma di celebrare e sviluppare la dimensione luminosa che ci abita, che crea, ama, unisce, libera, trasforma. Il silenzio e la Natura sono propizi al contatto intimo con la nostra Essenza, ma anche la musica, la danza, la gioia, la creazione.
Recitare anche ogni mattina questa affermazione: “ Sono Luce e Amore in azione” può aprire la giornata a nuove e buone energie.
Marie Noelle Urech