Per molti credenti cattolici, la sofferenza è un'esperienza che avvicina ancor di più a Dio, ad imitazione della passione di Gesù crocefisso. Ma questa visione è relativamente moderna. Quando esploriamo la storia di alcuni mistici cristiani del passato tra cui Ildegarda di Bingen, Giuliana di Norwich o San Filippo Neri, scopriamo una visione soprendentemente diversa: la gioia avvicina a Dio, l’incontro con Dio genera gioia e si trasforma in estasi. Nel Libro dello Zohar, fondamento della mistica cabalistica, è scritto: "La Presenza Divina non dimora dove vi è tristezza, ma in un luogo inondato di gioia". Il sufismo mette al centro della sua mistica la gioia dell’incontro con il divino. Per i buddisti, la gioia è assenza di sofferenza e deriva da uno stato di pace interiore senza condizioni.
Tornando ad Ildegarda di Bingen, mistica medievale del XII° secolo, tutta la sua opera è centrata sulla laeta via. La malattia e la sofferenza sono assenza di gioia ed è possibile ripristinarla seguendo le virtù, mangiando cibi che aumentano la Viriditas, cantando e danzando le lodi del Creato. Ricordiamo anche la sua scelta molto audace nei giorni festivi di celebrare Dio nella letizia lasciando che le sorelle del suo convento si vestissero di bianco, tralasciando le vesti nere ( colore da lei poco amato), con i capelli sciolti e ornati di fiori, con un velo di seta bianco trattenuto da corone dorate recanti l’immagine dell’agnello per danzare e cantare le lodi di Dio. Un grande insegnamento per noi, donne e uomini del III° Millennio, che si portano appresso il peso di sofferenze secolari collettive, subite e inflitte ad altri. L’abitudine a interpretare la realtà attraverso la lente della sofferenza e del peccato manifesta ancora più sofferenza, facendoci dimenticare i doni della Luce nascosti dentro di noi. Più celebriamo la sofferenza e l’impotenza dell’umanità più queste assumono una forma concreta e diventano uno stato. Che il 2023 sia un punto di partenza per invertire la rotta verso la sofferenza! Impariamo a celebrare la gioia della Vita attraverso le sue immense bellezze, con la nostra capacità di gioirne e di condividerla senza riserve. Forse così la guerra, i conflitti, le malattie, la miseria cominceranno a svanire dagli spazi della nostra mente collettiva e lasceranno spazio alle opere dell’opus splendidum che è l’uomo, custode e celebratore del Creato, così concepito dalla mistica di Ildegarda.