Gli eventi esterni ci servono spesso da indicatori di cambiamento sociale e culturale. Ricordo qualche anno fa, una invasione sul mercato di materassi di ogni tipo, ecologici, in memory, in lattice che ci garantivano un sonno felice. Anche le signore della borghesia vendevano i materassi alle amiche convocate a casa per una merenda. Subito dopo ci fu l’invasione dei divani e dei sofà. Era tutt’un invito a trascorrere il tempo a dormire, a rilassarsi davanti alla TV, a riposare. Si passava dalla sedia davanti al PC in cui si trascorrevano ore e ore, al divano per guardare Santa TiVù, e poi dal divano sofà al letto! Possiamo immaginare gli effetti di tali messaggi subliminali invitanti? Non pensare! Riposati! Non muoverti (né mentalmente, né fisicamente)! Dormi! E ci meravigliamo di essere una civiltà di dormienti? Di perenni affaticati? Senza accorgercene, stiamo perdendo la forza della colonna vertebrale che ci mantiene verticali. Quando si trova in orizzontale, il corpo in automatico passa in modalità: inazione, dormire. In realtà, è il pensare che si comincia ad addormentarsi tra i vari schermi, dal telefonino alla TV. Penso anche ai giovani spesso stravaccati nei divani, chinati sul cellulare, o ipnotizzati dalle serie TV piuttosto che in giro a trovare gli amici o a fare sport, a chiacchierare con passione dei problemi sociali e politici. Gli argomenti più gettonati degli adolescenti ruotano attorno ai social come tik tok, ai selfie e all’outfit. Persino gli adulti che si ritrovano per mangiare in pizzeria, depongono accanto al piatto il cellulare, dandovi ogni tanto una sbirciatina. Sono andata al cinema per vedere Avatar2. La sala era piena. Ero seduta accanto a due giovani donne di circa 30 anni. Per tutta la durata del film di ben 3 ore 15 minuti, ogni 10 minuti loro consultavano i loro cellulari, scambiando frenetici messaggi, al punto che sono dovuta intervenire perché la cruda luce dei cellulari mi dava fastidio e mi distraeva dal film. Ma perché erano venute al cinema? Spesso vedo in giro giovani con lo sguardo vacuo, senza alcuna scintilla di consapevolezza, e non credo sia dovuto soltanto all’uso di sostanze. C’entrano l’orizzontalità del divano e dei social. Quando li vedo uscire a gruppi per l’aperitivo, noto che si parlano poco e rimangono incollati allo schermo del cellulare. Il divano, certo, è piacevole ma nello sprofondare nei suoi cuscini, si annullano l’attività mentale, la passione, la curiosità, la conversazione. Nella mia generazione e in quella successiva, ricordo che c’era il fuoco intellettuale, la ricerca di senso, la volontà di migliorare il mondo. Si amoreggiava, si parlava fino a tarda notte e si rideva tanto. Ci scambiavamo i nostri sogni, avevamo una visione. Eravamo assettati di giustizia, di bellezza, cercavamo risposte e ci confrontavamo, correvamo, camminavamo, prendevamo i mezzi pubblici o la bici, viaggiavamo all’Estero da soli a 16 anni. I nostri genitori non ci accompagnavano dappertutto in macchina. C’era anche tanto divertimento sano e goliardico; c’era soprattutto relazione, amicizia. Penso che dobbiamo limitare drasticamente l’uso del divano, soprattutto quello davanti alla Santa Tivù, per ricordarci che abbiamo una mente, un cuore, un corpo dinamico. E soprattutto per coltivare le nostre passioni e relazioni, per ritrovare la verticalità del nostro pensiero che esprimerà così tutto il suo potenziale.