La nostra medicina sta attraversando una profonda crisi di identità, di valori e di etica. Per quante acquisizioni straordinarie abbia ottenuto, sembra che abbia perso la sua anima e si sia discostata completamente dalla sua vocazione prima: essere al servizio della comunità. Gli ospedali sono ormai aziende che devono produrre bilanci, i medici non visitano più le persone e affidano alle analisi le loro diagnosi. Tutto il sistema è improntato sulla malattia. E ci sono sempre più malati! I malati sono rientrati nella catena del consumismo. La prevenzione sembra più orientata a reperire futuri potenziali malati che a farci rimanere sani. L’applicazione di protocolli uguali per tutti ha sostituito la cura ad personam. Ecco alcuni tristi segnali di una medicina smarrita, intrappolata nelle mani delle multinazionali del farmaco. Se torniamo ai tempi di Ildegarda, incontriamo una visione filosofica che ha supportato il pensiero medico per secoli e che si può riassumere nelle parole di Arnaldo di Villanova, medico ed alchimista francese del XIII secolo: «Dio onnipotente creò la medicina come una scienza globale che deve servire all’uomo nella sua totalità; non è solo un mezzo per conservare la salute, ma anche uno strumento per perfezionare la propria vita. I rimedi, di conseguenza, non sono solo al servizio dei bisogni del corpo, ma anche della formazione dello Spirito!».
In passato, il ruolo essenziale del Medico era la prevenzione. Il medico non guariva, ma i suoi consigli e le sue osservazioni permettevano il raggiungimento di un equilibrio, e consolidavano un habitus che permetteva di vivere in modo sensato e quindi sano. Il medico si curava di quell’habitus virtuoso correggendo un comportamento errato. Era colui che aiuta a ritrovare un modo di vivere ordinato ed armonioso. Fedele a questo ricco filone di saperi, la medicina ildegardiana aggiunge l’interazione tra anima e corpo come condizione inderogabile della salute e della guarigione. Per Ildegarda, l’Uomo è responsabile della propria salute e della propria felicità, è un essere che agisce e che crea e, dunque, non è vittima della sorte. Così può partecipare attivamente al processo della sua guarigione. Se la malattia è caos, disordine, conflitto, la salute è un processo, una struttura ben ordinata, una riunificazione interiore, un mondo in ordine. Salute e malattia dipendono, dunque, dall’equilibrio tra corpo e anima che permette all’energia vitale di fluire e di nutrire gli organi. Per attivare questo processo, l’uomo non solo deve cercare nella Natura gli elementi di cui è mancante (Terra, Acqua, Aria e Fuoco), ma deve anche coltivare, sul piano psicologico e spirituale, la forza verdeggiante del suo cuore, cioè l’amore, l’energia che unisce. Deve altrettanto coltivare la gioia come percorso verso la Salus (Salute e Salvezza).
È forse utopico volere unire le grandi conquiste della medicina odierna alla visione unitaria? Non credo. Credo sempre possibile che la medicina recuperi la sua Anima. La psicopandemia ha segnato uno spartiacque tra una medicina impotente, condizionata da lobbies di potere, e una medicina attiva e centrata sulla persona, che onora la sua missione di essere al servizio. Non tutti i nodi vengono al pettine per caso. La crisi attuale della medicina e della sanità risponde a una necessità di rinnovamento, sempre più impellente.